Due appuntamenti in cui Floraleda ripropone uno dei suoi progetti di maggior successo: Minimal Harp. Brani legati alla ricerca di linguaggi essenziali e brani non necessariamente legati alla musica definita minimale.
Il 12 febbraio a Imola all’interno del Bologna Harp festival e il 5 marzo a Ravenna al Teatro Alighieri.
Recensione (5 marzo)
La rassegna “Mikrokosmi 2017”, concerti domenicali mattutini in Sala Corelli, organizzati dall’Associazione Culturale e dalla Scuola di Musica “Mikrokosmos” di Ravenna con la direzione artistica di Barbara Valli, continua a stupire con i suoi sorprendenti paesaggi sonori. Domenica 5 marzo il palco è toccato a Floraleda Sacchi, più di venti dischi incisi (e venduti) per grandi case discografiche, formatasi in Italia, Stati Uniti e Canada, vincitrice di sedici premi in concorsi internazionali, con esibizioni in ogni parte del mondo.
L’essere “cittadina del mondo” è proprio la cifra artistica che emerge anche dalle sue scelte musicali, non fossilizzate su un genere o un repertorio. Con un nome di battesimo duplice, Floraleda, che il computer si ostina a darmi come errore e che richiama natura, poesia e mito, in sintonia con un’eleganza mista di grazia e risolutezza, aggrappata al monumentale strumento che qualcuno definisce “pianoforte verticale” e che ha origini agli albori della storia, ha fatto assaporare al pubblico una sequenza di sonorità inedite delineando atmosfere, spazi e orizzonti anche “preparando” (come si fa col pianoforte contemporaneo) le corde dell’arpa e dotandosi di sonagliere.
Il viaggio performativo è passato per gli echi irlandesi dello statunitense Henry Cowell, nato al finire dell’Ottocento, per i nostri contemporanei Philip Glass, Nils Frahm (classe 1982), Roberto Cacciapaglia, Lou Harrison, John Cage, “astronauta” del suono, e infine Arvo Pärt, un compositore che concilia ricerca e amore per la classicità.
Artista eclettica, curiosa e post-moderna, libera nel frugare fra la letteratura dello strumento, ha trascurato gli impressionisti, che lo prediligevano per i suoni liquidi e impalpabili, e ha preferito condividere con il pubblico le emozioni della sua concezione musicale che non disdegna la sinergia con le altre arti, elevando a ennesima potenza le suggestioni proprie di uno strumento che anche in orchestra si distingue per mole e sonorità, e delineando dell’arpa un profilo quasi inedito, segnato dal suono “duro e puro” di primordiale energia.
La musica contemporanea, improntata dallo spirito di ricerca, richiede un ascolto attento e può creare distacco fra musicista e pubblico, ma Floraleda Sacchi ha evitato la trappola con l’empatia dell’esecuzione.
Il fuori programma, inevitabile quando scrosciano gli applausi, ha immerso il pubblico nella suggestione magica di “Oblivion” di Astor Piazzolla, musica da film entrata nell’immaginario collettivo, confermando il talento poliedrico di questa artista. (Attilia Tartagni, PressRoom)